Le infinite sfumature di Silvia.. Pastry Queen
12 Luglio 2019
Tante volte le persone ci definiscono utilizzando come denominatore comune ciò che siamo a livello lavorativo.
Personalmente, quando qualcuno mi chiede “cosa fai nella vita?” mi trovo dannatamente in difficoltà a rispondere. Non sono una pasticcera: non solo. Sono una sognatrice, scrivo, viaggio, amo. Tutta questa miscellanea di elementi si mischiano e fondono insieme anche alla pasticceria, dando un’immagine, all’esterno, di ciò che sono. Come fossimo un caleidoscopio di differenti colori, è la somma dell’insieme che disegna ciò che ognuno di noi è.
Foto credit: Giovanni Panarotto per Italian Gourmet
Credo ci siano moltissimi modi per essere pasticcere: lo è chi ha un laboratorio, lo è altrettanto chi lavora in ristorante. È pasticcere il tecnico di una azienda, un consulente e qualcuno che è un mix di tutti i precedenti.
Nella nostra professione ci sono infinite sfumature, con influenze che, se sappiamo cogliere, arrivano dappertutto. Il bello è che quando ti crei le basi, come fossero le fondamenta di una casa, spaziare, inventare e creare altro, diventa un’attitudine e quasi un gioco. Finché rimaniamo chiusi nelle nostre quattro mura, l’evoluzione e l’interscambio è pressoché impossibile: non appena usciamo dalla nostra zona di comfort, ci rendiamo conto che il mondo è vasto tanto quanto l’immaginazione.
Ciò che piace in Italia, ad esempio, in Vietnam non sarebbe mai capito, e viceversa. Se ci affacciamo in Iran, la cultura del cioccolato praticamente non esiste, come nel nostro paese sarebbe impensabile mangiare dolci composti quasi unicamente da frutta secca e miele macinati insieme.
Verò è che in tutto il mondo, il mondo della pasticceria, è sempre più apprezzato, ricercato e valorizzato.
Ricevo spesso messaggi di giovani aspiranti pasticceri che mi chiedono due cose: “come posso diventare brava come te?” e “qual è la strada giusta?”.
Ad ognuno di loro rispondo la stessa cosa.
Auguro loro di diventare molto più bravi di me, perché mi sento tutt’altro che tale, ma soprattutto di non sentirsi mai arrivati, perché sarebbe proprio quello l’istante in cui smetterebbero di crescere e inizierebbero la loro discesa. Non importano le cadute, conta avere la testa dura e perseguire i propri sogni, anche tra le difficoltà. Dopo anni, ci si rende conto che sono proprio quelle scivolate ad averci condotto a gradini che, altrimenti, non avremmo mai raggiunto. Serve testa dura e il coraggio di buttarsi, perché, lanciandosi, capitano le volte in cui ci si sbuccia le ginocchia, ma quando invece si dispiegano le ali, si inizia a volare davvero.
La strada giusta invece, non ho idea di quale sia, non l’ho mai avuta né trovata. Semplicemente, perché credo non esista. Ognuno ha e deve costruirsi la propria. Quella che va bene per una persona, non è detto che vada bene per un’altra. Il primo criterio è sicuramente di rincorrere ciò che ci rende felici, altrimenti sprecheremmo una quantità esagerata della nostra esistenza nel sopravvivere anziché nel vivere.
Ogni giorno poi, in un percorso di crescita, c’è bisogno di avere la percezione di aver fatto un passo avanti. Bisogna mettere in conto di investire tanto tempo, di essere consapevoli che prima di avere ed ottenere, bisogna essere disposti a dare, a spendersi. Troppo spesso vedo ragazzi che semplicemente vogliono arrivare senza essere disposti ad affrontare tutti i draghi e le tempeste del tragitto per raggiungere l’obiettivo.
Spesso si pensa che le cose che funzionano sono quelle semplici, ma non è così, le cose funzionano se sono quelle conquistate con le proprie forze. E, solitamente, sono anche le più durature.
Io ho iniziato con uno stage in Cast Alimenti, che tra l’altro mi serviva per laurearmi, perché non avrei mai avuto la disponibilità economica per pagarmi un corso in una grande scuola. Poi ho proseguito lavorando, spesso anche sbattendo la testa. Mi sono imbarcata nell’impresa del Pastry Queen e ho dato tutta me stessa, non per la gloria ma per vivere quella crescita necessaria ad affrontare un campionato mondiale e sconfiggere la mia emotività.
Oggi, non mi presento mai né come Pastry Queen né come maestro AMPI, solo come Silvia, perché penso che nella vita i traguardi siano solo di passaggio e abbiamo il dovere di onorarli nella vita di ogni giorno, non di esporli come trofei. Le medaglie si vincono in guerra ed essere eroi, non serve a nessuno.
Quello che auguro a ciascuno non è arrivare, ma imparare ad essere. Per davvero, nella sostanza e non solo nella forma. Perché il successo arriva quando si ha il coraggio di essere quello che si immaginava e non ha nulla a che vedere con la fama: è una sensazione che nasce nella pancia. Siamo tutti sostituibili ed esistono troppe copie in giro, ma se si pianta nel terreno la propria identità, nessuno potrà mai sradicare quelle radici.
Silvia Federica Boldetti durante una lezione “a Scuola di gusto”