Il tofu: un ingrediente nuovo, molto antico
7 Novembre 2019
La parola “tofu” appare per la prima volta in Europa nel 1603 in un vocabolario portoghese-giapponese.
Successivamente, dalle entusiastiche descrizioni ritrovate negli epistolari di Benjamin Franklin della seconda metà del ‘700 alla prima produzione di tofu confezionato nella plastica del 1966, la diffusione in Occidente ha avuto una lenta, quanto regolare ascesa nei mercati e nelle cucine di tutto il mondo.
Nonostante questa ampia diffusione, tuttavia, è un cibo che fuori dai paesi di origine viene apprezzato prevalentemente per le sue caratteristiche nutrizionali e dietetiche, mentre è poco conosciuto per le possibilità e versatilità in cucina.
Il tofu contiene pochi grassi, basso contenuto di colesterolo ed è ricco di proteine, calcio e ferro. Pur avendo sapore e odore molto neutri ha la capacità di assorbire nuovi gusti attraverso spezie e marinate. E’ proprio grazie a queste qualità e al valore nutrizionale che il tofu è considerato un alimento base per gran parte delle popolazioni asiatiche fin dai tempi antichi.
Che i cinesi chiamino il loro doufu anche “carne senza ossa” è significativo del suo apporto proteico. Se è vero che fino al 95% del tofu può essere digerito e utilizzato dal nostro organismo, due pezzi di tofu abbinati al cereale integrale e alle verdure potrebbero soddisfare l’apporto proteico giornaliero suggerito per una persona.
La trasposizione in inglese del nome cinese “cagliata di fagiolo”, ne restituisce una definizione a partire dal processo di produzione: per precipitazione della bevanda di soia, con un procedimento simile a quello di preparazione del formaggio di derivazione animale.
Proprio per questa similitudine nel procedimento produttivo viene spesso denominato “formaggio di soia”. Sin dal 1665, quando il missionario domenicano Domingo Fernández de Navarrete nel suo libro A Collection of Voyages and Travels scriveva: “…. parlerò brevemente del tipo di cibo più comune ed economico di cui abbondano tutti i cinesi, e che nell’impero tutti mangiano, dall’imperatore al cinese più spregevole: l’imperatore e i grandi uomini lo apprezzano come cibo delizioso, le persone comuni lo consumano come sostentamento necessario. Si chiama teu fu, cioè pasta di fagioli.
Non ho visto in che modo viene preparato. Estraggono il latte dai fagioli e, trasformandolo, ne fanno grandi torte come formaggi, delle dimensioni di un grande setaccio e alto cinque o sei dita. Tutta la massa è bianca come la neve, di una finezza che non ha eguali. Viene consumato crudo, ma più spesso bollito e condito con erbe, pesce e altre cose.
Non condito è insipido, ma molto buono, ottimo quando viene abbinato ad altri ingredienti e fritto nel burro. […] Il Teu Fu è una delle cose più straordinarie della Cina, ci sono molte persone che rinunciano alle galline per questo.”
A partire dal 14 giugno 2017, tuttavia, non è più permesso chiamare “latte” il liquido bianco ricco di proteine derivato dalla cottura dei fagioli macinati, né è possibile associare la parola “formaggio” al precipitato proteico derivato dall’azione del cloruro di magnesio sciolto nella bianca bevanda di fagioli.
Una sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, infatti, vieta che all’interno della Comunità Europea i termini “latte”, “burro”, “yogurt”, “formaggio” e via dicendo vengano utilizzati in riferimento a prodotti di origine vegetale, poiché queste parole rimandano a prodotti di origine animale.
Stando alle fonti, meticolosamente documentate dai più importanti studiosi e divulgatori della soia e suoi derivati, William Shurtleff, Akiko Aoyagi, il tofu ha le sue origini in Cina intorno al II secolo a.C., orientativamente tra la Dinastia Qin e la Dinastia Han, anche se le prime testimonianze scritte risalgono al periodo Song e si trovano nel testo Ch’ing I Lu, di Tao Ku (965 d. C).
I due autori nella loro History of Tofu and Tofu Products (965 CE to 2013), citano un breve passaggio di questo testo, che vi traduco dall’inglese: “Nei mercati quotidiani c’erano diversi recipienti di doufu. Gli abitanti della regione chiamavano il doufu “montone del vice governante”.
Il vice citato era una persona che non potendo permettersi di acquistare carne di montone la sostituiva con due pezzi di tofu che accompagnavano la sua porzione giornaliera di riso. Che questa definizione del tofu sia diventata poi ricorrente nell’uso comune è indicativa del fatto che si trattasse di un cibo di usuale consumo nella Cina del periodo e anche meno costoso della carne.
In Cina il tofu è spesso associato alla bellezza, probabilmente per il suo colore candido. Una donna bella ma povera è conosciuta come “tofu xishi” (bellezza della cagliata di fagioli), mentre “mangiare tofu” viene usato per indicare le molestie sessuali, dal racconto che narra di una bellissima donna, le cui abilità nel commerciare il tofu preparato dal marito, erano attribuite al suo potere seduttivo nei confronti degli uomini, che tornavano spesso nel negozio con la scusa di acquistarlo.
Il tofu è, inoltre, un piatto indispensabile sulla tavola della festa durante il capodanno lunare cinese, perché in cinese suona come le parole “fortuna” e “felicità” ed è quindi di buon auspicio.
Pina Siotto
www.vegetaliana.it
La seconda parte dell’articolo a cura della Chef Pina Siotto sarà pubblicato tra 10 giorni nel blog di a Scuola di gusto!